Fontana del Facchino

Fontana del facchino

“Pasquino ha due concorrenti, uno il Facchino di Via Lata,
l’altro il Marforio sul Campidoglio.
Pasquino è destinato ai nobili,
Marforio ai cittadini,
il Facchino alla plebe”.
(Theodor Sprenger, Roma nova, 1660)

La Fontana del Facchino, insieme a Pasquino, Marforio, l’abate Luigi, Madama Lucrezia e il Babuino fa parte del Congresso degli arguti, ossia delle statue cosiddette parlanti attraverso cui Pasquino per primo ed i romani più in generale denunciavano, affiggendo anonimi foglietti, il costo della vita, le tristi condizioni in cui viveva la plebe, la corruzione e il malgoverno della Curia.

La fontana detta in antico il barile o mezzo barile, fu realizzata a spese e su disegno del pittore fiorentino Jacopino del Conte (mentre l’esecuzione è da riferire a maestranze fiorentine), ad ornamento della sua casa di via del Corso, tra il 1580 anno in cui giunse l’acqua in questo gruppo di edifici e il 1598 anno della sua morte. Dopo la demolizione della casa, avvenuta nel 1724, la fontana venne ricollocata sul prospetto principale di Palazzo De Carolis-Simonetti e nel 1872-1873 spostata su via Lata per ragioni di viabilità.
La scelta di rappresentare un acquaiolo sicuramente dipese dalla presenza, in questa zona della città, di numerose abitazioni e botteghe di facchini portatori d’acqua che nelle ore notturne riempivano botti e botticelle con l’acqua attinta dal Tevere o dalle tre bocche dell’antica fontana di Trevi e durante il giorno la distribuivano per le strade di Roma.

Andrea Belli nell’Album (anno XXVI, n. 10, 23 aprile 1859) ricorda la cerimonia del possesso, cioè l’autorizzazione che si dava al nuovo facchino di esercitare il mestiere, che consisteva “nell’essere preso da due facchini seniori […] li quali dopo averlo incoronato di bieta e parietaria, con alcune canzone ironiche gli faceano dare con violenza gli gluzii sul marciapiede”. Secondo la tradizione popolare potrebbe derivare da questa usanza il detto tanto comune, quando qualcuno cade e tutti gli dan la berta: “egli ha preso possesso”.
Varie leggende circolano sulle fattezze del facchino che secondo alcuni sarebbero quelle di Martin Lutero, che nel 1511 soggiornò nel vicino monastero degli agostiniani, secondo altri invece ricorderebbero quelle di Abbondio Rizzio un famoso facchino citato anche in una lapide collocata a ridosso della fontana, oggi rimossa, che recitava: “Portò quanto peso volle, visse quanto poté ma un giorno nel portare un barile in spalla ne morì”.

Il volto tumefatto del facchino “corrotto dalle ingiurie dè monelli e del tempo” potrebbe anche essere la conseguenza delle sassate che in antico i passanti gli tiravano credendolo un ritratto di Lutero.

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